“La luce fioca e cupa, il senso d’oppressione, l’odore di vecchio, la ghisa e il cemento, le manopole come quelle della sala macchine del Rex (guarda le foto). Scendere nei sotterranei della storia a Villa Torlonia, ora che il bunker di Mussolini è di nuovo visitabile (come pure i due rifugi antiaerei costruiti poco prima), è un’esperienza che lascia il segno.
L’avventura bellica declinante e il sentore di sconfitta incipiente gravano tra le gallerie di queste catacombe novecentesche, s’insinuano tra le file dei tubi di aerazione, sgusciano sotto le massicce porte tagliafuoco da incrociatore, sostano sulle suppellettili che tentano di riprodurre un fantasma di normalità quotidiana nel pozzo della sopravvivenza forzata: la radio a valvole, lo scrittoio, l’orologio da muro…
Qui sotto c’è tutto l’odore d’una vicenda che sente la fine in arrivo. Così forte che non bastano a contrastarlo due sentori paralleli: quello dell’assoluto privilegio – garantirsi la vita grazie a un bunker così, poco allegro ma a prova di fortezze volanti – e quello del controllo. Tutto trasuda ossessione di controllo, negli spogli ipogei di Villa Torlonia, dalle maniglie per assicurare o inibire vie di fuga alla mappa di Roma con i “ricoveri antiaerei pvbblici” (sì, con la “u” dell’epigrafia romana antica).
Non è una gita al parco (anche se si può abbinare ad una passeggiata nel sovrastante parco), scendere nel bunker e nei rifugi di Villa Torlonia. E’ una discesa negl’inferi della nostra storia e in questo senso è un’opportunità unica in Italia: sentire fisicamente quel fallimento che s’incarna in materia dura, nel ferro e nel calcestruzzo. Attraversare sui propri piedi un paradosso disperato: quello del potente pronto a lasciare le sale del palazzo e a inabissarsi tra gallerie e celle monastiche, pur di salvare la pelle”.
Lo scrive il Comune di Roma sul sito istituzionale.