“Nel Lazio sono quarantaquattro su cento le gestanti sottoposte ogni anno al taglio cesareo. La media italiana è di sei punti più bassa. Senza dire che, in alcuni Punti nascita della regione, si ricorre al parto chirurgico per otto donne su dieci. Anche se, nell’Ostetricia dell’ospedale di Latina, unica nel Lazio, la percentuale di cesarei scende intorno ai 15 punti. La stessa raccomandata dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Così il ‘Santa Maria Goretti’ del capoluogo pontino viene indicato come benchmark, un modello di qualità da seguire. Parola della Regione che, con il suo ‘Programma di valutazione degli esiti’, ha sollecitato la riduzione del 20 per cento dei cesarei ai dirigenti di ospedali e Asl. Proprio il contenimento di questa pratica chirurgica, nelle intenzioni della Regione, sarà uno dei cinque obiettivi sui quali verrà valutato l’operato dei direttori generali”. Lo scrive Carlo Picozza su La Repubblica. “Sull’esperienza pilota dell’Ostetricia di Latina, domani mattina nell’aula magna del Forlanini, sarà presentato un rapporto con le indicazioni metodologiche per gli altri Punti nascita. E sulla materia il consigliere regionale Enrico Forte (Pd) ha presentato un’interrogazione: ‘Di fronte agli accresciuti rischi di mortalità e malattie causate dal taglio cesareo e dalla relativa anestesia, anche il ministero della Salute ha raccomandato di non superare la soglia del 20 per cento dei parti chirurgici’ – si legge nall’articolo – Con le nascite naturali, ai vantaggi per la salute della donna si accompagnano i risparmi per il Servizio sanitario regionale. Secondo la rimodulazione delle tariffe varata con il decreto 310 del luglio scorso dal commissario di governo alla Sanità, Nicola Zingaretti, la degenza per i cesarei senza complicanze ha un costo di 2mila e 92 euro (2mila 745 con complicanze), il doppio di un parto naturale (mille 272 euro). Ora, il Santa Maria Goretti di Latina e il San Camillo (dove i parti cesarei sono il 25 per cento), che insieme fanno nascere oltre 5mila e 100 bambini ogni anno (quasi il 10 per cento delle 54 mila 483 nascite del Lazio), propongono ‘un percorso integrato di assistenza per un ricorso razionale al cesareo’. Il modello che verrà proposto domani al Forlanini si basa sull’analisi della popolazione ‘ostetrica’ e ‘sulla individuazione delle classi di rischio clinico di Robson, l’ostetrico irlandese che assiste 10mila parti all’anno e che per trovare una sintesi tra le molteplici variabili ostetriche, ha disegnato, in una griglia, dieci categorie di rischio clinico’. Il modello poggia sulla formazione, con audit clinici e organizzativi, e sull’assistenza personalizzata per le donne, comprese quelle che rifiutano il parto naturale. Proprio per questo impegno all’Ostetricia di Latina è arrivata la menzione speciale del Premio nazionale Andrea Alesini 2012, ‘per le buone pratiche in sanità'”.