L’inclusione sociale della comunità rom attraverso la scuola e lo sport

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L’inclusione sociale della comunità rom attraverso la scuola e lo sport

popica scuolaDa qualche anno a questa parte esiste una realtà molto positiva sul territorio italiano, che ha fatto e sta facendo davvero molto per migliorare l’interazione degli immigrati nella quotidianità del tessuto sociale del nostro Paese, in particolare a Roma. Questa realtà ha il nome e i volti degli operatori e dei volontari dell’associazione Popica Onlus. La mission dell’organizzazione di promozione sociale è il sostegno e la tutela delle persone con difficoltà socio-economiche, a partire dai rom provenienti dall’Europa Balcanica. Interviene, inoltre, nella delicata situazione dei bambini e adolescenti in Romania. Il nome Popica (che in italiano significa birillo) deriva proprio dal nomignolo di uno dei tanti bambini di strada per il quale l’associazione ha lavorato. Insieme a Christian Picucci, referente di Popica Onlus a Roma per quanto riguarda gli interventi di inserimento scolastico dei bambini rom, e a Mauro Nicolò Cipriano, che da un paio di anni si occupa del progetto di sostegno all’apprendimento dei rom nelle elementari, esploriamo più da vicino la situazione capitolina e il mondo del volontariato.

di Jacopo Paoletti

Christian, quando è nata Popica Onlus? E’ nata nel 2006 con progetti attuati in Romania in favore dei bambini di strada e nel 2008 ha esteso il suo raggio d’azione a Roma, in particolare sviluppando interventi di sostegno nei confronti dei rom presenti nella Capitale. Vorrei sottolineare che a Roma, sui campi rom cosiddetti “autorizzati” o “tollerati”, esiste già un intervento di scolarizzazione ma contemporaneamente sono sorti, specialmente a seguito delle ultime ondate migratorie, tantissimi altri insediamenti di rom romeni che possiamo definire spontanei e proprio in questa nicchia si è inserita Popica Onlus dato il pazzesco ritardo delle istituzioni in questa situazione.
Quali sono stati i primi passi mossi dall’associazione? Nel novembre del 2008, in collaborazione con altre associazioni, è stato avviato un progetto di monitoraggio e di mappatura dei campi rom abusivi, al fine di sopperire alle esigenze primarie delle persone che vivevano in questi insediamenti. Poi, una volta riscontrati dei casi urgenti si è passati alla fase di intervento, ad esempio con gli accessi alle scuole, l’accesso alla sanità e l’orientamento verso le strutture del territorio. Terminata la collaborazione Popica ha continuato il proprio lavoro dedicandosi all’inserimento scolastico dei bambini, seguendo con costanza la relativa frequenza e soprattutto l’apprendimento. Operiamo come supporto alle scuole, anche perché alcune volte gli stessi insegnanti non sono pronti, visti i notevoli problemi della scuola italiana, a cogliere le diversità. 
Come hanno vissuto i bambini l’avvicinamento alla scuola? Abbiamo iniziato, sempre nel 2008, con delle realtà in cui i bambini rom neanche sapevano cosa fosse la scuola. Poi, col tempo, abbiamo registrato un notevole riscontro. Molti bambini e adolescenti sono passati da una totale estraneità alla scuola ad una completa frequenza quotidiana. Alcuni hanno perfino conseguito la terza media. E’ veramente importante la positività dell’apprendimento per questi bambini.
Alcuni anche grandicelli – interviene Mauro -, che presentavano delle lacune rispetto ai pari età italiani, attraverso l’inserimento e il sostegno scolastico sono riusciti a colmarle. Questo testimonia che il lavoro condotto, da tutti i punti di vista, non è assolutamente inutile.
C’è una storia particolare che ti è rimasta impressa più delle altre? Mi ricordo lo sguardo fiero e commosso dei genitori che osservavano i propri figli accingersi ad entrare in classe per il primo giorno di scuola. In quel caso ho percepito che l’ambiente scolastico è anche una forma di riscatto per i rom. Purtroppo, però, è anche vero che buona parte dell’associazionismo di settore si è spesso mosso su binari di mero assistenzialismo, vissuto come una sorta di “scambio” da parte degli stessi genitori, nel senso “io ti do mio figlio, tu che cosa mi dai?”. Un disinteresse nel seguire i propri figli nella vita scolastica in cui Popica ha cercato di essere presente per sopperire a questa mancanza, stando anche a stretto contatto con gli insegnanti. 
birilli2E lo sport? Quanto può aiutare nel processo di interazione? E’ determinante quanto la scuola – spiega Christian -. Da quasi tre anni abbiamo affiancato a Popica l’attività calcistica dei bambini sfociata, poi, nella nascita dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Birilli (che ha a disposizione le categorie Pulcini, Esordienti e Giovanissimi ndr), di cui sono il presidente e Mauro, insieme a Lorenzo Bartolomei, è uno dei soci fondatori nonché allenatore. Si tratta di un’esperienza di sport sociale per Roma, con lo scopo in primis di insegnare il rispetto per compagni ed avversari. Una tappa fondamentale di questo percorso è stata Palermo dove, nel 2011 e quest’anno, abbiamo partecipato al Mediterraneo Antirazzista insieme ad una squadra di rifugiati. Proprio nell’edizione di due anni fa ci siamo accorti che potevamo espandere l’attività di Popica ed è germogliata l’idea di costituire l’Asd Birilli, il frutto di una continuità del lavoro seminato in precedenza. Vorrei ringraziare la Uisp (Unione italiana sport per tutti), che ci ha aiutato a muovere i primi passi; l’Asd Sporting Tor Sapienza che ci ha da subito supportato con donazioni di materiale sportivo; Daniele e l’Atletico San Raimondo di Anagnina che tante volte ci ha ospitati per allenamenti e amichevoli. Un ringraziamento particolare va sicuramente ai Blocchi precari metropolitani e all’occupazione del Metropoliz che ci hanno ospitati per gli allenamenti, dando un contributo fondamentale alla nostra partecipazione al Mediterraneo del 2011. Al Metropoliz, oltretutto, alcuni rom ripetutamente sgomberati dalle baraccopoli senza una soluzione abitativa alternativa hanno trovato una casa, insieme a italiani, peruviani e altri. Un altro ringraziamento particolare va a Silvia e al centro sociale Corto Circuito di Cinecittà, che settimanalmente mette a disposizione dei ragazzi il campo da calcetto Auro Bruni e la struttura del centro sportivo, unitamente a competenze e materiale per gli allenamenti, per non parlare della campagna “porta un birillo a Palermo”, con cui si è contribuito a finanziare la nostra discesa al Mediterraneo l’estate scorsa. 
Quali altri progetti sono stati realizzati o avete in mente di concretizzare? Di recente abbiamo collaborato ad un progetto dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) in partnership con Amnesty International, rivolto agli abitanti rom romeni delle baraccopoli di Roma. E’ stata attuata una forte campagna di sensibilizzazione dal titolo “Conosci i tuoi Diritti”, elaborando un opuscolo informativo in italiano e romeno, realizzato da alcuni rom da noi formati, su argomenti di rilievo come l’accesso alla scuola, alla sanità e ad altri servizi primari. E’ stato ideato anche un video proiettato nelle baraccopoli. Per il futuro speriamo che altri progetti presentati per dei bandi, anche europei, vengano finanziati. 
Il volontariato s’inserisce lì dove c’è un’assenza dello Stato. Cosa si dovrebbe o si potrebbe fare per migliorare l’integrazione? Tutto ciò che riguarda lo stato sociale dovrebbe essere un qualcosa di pubblico. Il nostro obiettivo è quello di diventare un giorno “inutili”, significherebbe l’autonomia delle persone. Lo Stato in alcuni settori è carente e noi cerchiamo di sopperire a questa assenza con il sostegno e l’orientamento, senza nessuna intenzione di lucrare sull’emergenza. Il giorno che i rom saranno “integrati”, termine che peraltro non ci entusiasma e a cui preferiamo quello di “non esclusi”, ci occuperemo di altro. 
Grazie al vostro lavoro, avete notato dei cambiamenti socio-culturali riguardo alla situazione dei rom? Qual è il vero valore del volontariato in questo senso? Inviterei tutti a trovare altre fonti d’informazione che non siano i giornali o la televisione perché, dietro alla situazione dei rom, c’è un mondo positivo che spesso e volentieri non è raccontato – afferma deciso Mauro -. Devo ringraziare il mio vecchio amico Lorenzo, che mi ha avvicinato al volontariato e per me è stato un modo per riempire il tempo in maniera costruttiva per gli altri. E’ vero che esiste una situazione di volontariato “egoista”, cioè il sentirsi utili a tutti i costi, tuttavia la mia esperienza personale mi ha portato a conoscere una nuova realtà che mi ha arricchito totalmente, anche in altri ambiti diversi dalla situazione dei rom. Bisognerebbe essere un po’ più altruisti, pensare al prossimo in qualsiasi ambiente e ne esistono davvero tanti nella nostra società in cui c’è bisogno di una mano. 
Non posso che essere in totale accordo – ribadisce Christian -. Credo che nella vita di ognuno di noi, oltre alla famiglia, al lavoro e agli amici, ci debba essere un po’ di spazio per dedicare del tempo al prossimo. Ho iniziato a conoscere i rom nel 1999 e, come la stragrande maggioranza delle persone, ero convinto che fossero tutt’altro rispetto a quanto ho poi scoperto: un mondo davvero colmo di positività.

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