L’EDITORIALE – Il funereality di un secolo irrisolto

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L’EDITORIALE – Il funereality di un secolo irrisolto

BOTTEdi Daniele Priori

I cento anni di Priebke, qualche mese fa, e la sua morte, avvenuta la settimana scorsa con gli orribili strascichi di cui più che direttamente siamo stati testimoni, ci hanno portato a rivivere negli occhi e nel cuore i peggiori sentimenti e le peggiori, tragiche idee del Novecento.

Ancora una volta comunisti contro fascisti. Rigurgiti che, salva Roma dove l’ex ufficiale nazista ha scontato la pena dell’ergastolo ai domiciliari, sono calati come un tristissimo blob per l’ennesima volta tutti sui Castelli Romani, sulla pittoresca Albano che negli ultimi anni è stata in più episodi al centro di questi scontri d’altri tempi.

Momenti, però, quelli di martedì pomeriggio che – al di là del gesto comunque brutto della caccia al feretro – hanno mostrato il cuore di un popolo che non dimentica. Mettendo infatti a lato il derby datatissimo tra fascisti e antifascisti, in quella piazza, anzi, in quella strada, via Trilussa, sono scesi il cuore e la memoria di tante famiglie. Chi ha avuto i morti e chi, come me che sto scrivendo, ha avuto, fortunatamente, un prozio scampato all’eccidio delle Fosse Ardeatine sebbene fosse tra gli italiani catturati.

C’era la saggezza arrabbiata dei professori dei nostri licei, quelle scuole che in qualche modo ci hanno fatto da chiocce rassicuranti nei cinque anni più belli della nostra vita. Maestri buoni che nulla avevano a che fare con molti dei loro cattivi coetanei che pure, martedì pomeriggio, hanno sentito la necessità di scendere di fronte a quel tempio anacronistico, testimone di una tradizione veterocattolica fortunatamente superata che ancora, con un sopracciglio tirato all’insù e un inspiegabile senso di normalità afferma che, in fondo, gli ebrei la loro sorte, il loro genocidio, la loro Shoah perpetrata da Priebke e i suoi amici telecomandati da Hitler, se la sono cercata per aver ammazzato Gesù Cristo.

Preti sedicenti cattolici tradizionalisti che non hanno esitato, nel giro furibondo di agenzie, nel vortice di telecamere giunte in meno di un’ora ad Albano (c’era persino Al Jazeera!) a mettere sullo stesso piano la pecorella smarrita nazista di cui stavano per celebrare il funerale, in nome di una strana pietas che aveva più il sapore del revanscismo e della provocazione, e le persone omosessuali e transessuali come Vladimir Luxuria, indegnamente paragonata al carnefice delle Fosse Ardeatine da uno dei preti lefebvriani. Così con la inspiegabile chiamata in causa dell’ex parlamentare già vincitrice dell’Isola dei Famosi si concludeva in farsa il funereality di un secolo triste che ha lasciato poco oltre i troppi brutti ricordi e non riesce a darsi degna sepoltura. Al punto che il funerale di Priebke, tanto era importante per loro, alla fine non si è neppure svolto. Alle 20,21 di martedì sera, infatti, il prete ha gettato i paramenti.

E faceva pensare, all’alba dell’indomani, mentre il cadavere nazista da Pratica di Mare annunciava di prendere finalmente la strada più consona, quella per la Germania che l’aveva visto nascere un secolo fa, riflettere sull’Italia e le sue contraddizioni, riemerse così profonde, laceranti, insignificanti quanto tardoromantiche di un Paese che continua a industriarsi in silenzio per sconfiggere la crisi, senza indignarsi mai al pari di altre popolazioni europee impelagate con la crisi economica ma che non aspetta un attimo a bloccarsi e andare in tilt, scendere in piazza, quando nel mezzo ritornano i brandelli delle ideologie che sono state, per cui il mondo si è diviso e persino le nostre città, fino a trent’anni fa, hanno conosciuto sangue e proiettili ancora figli di una guerra civile di fatto mai conclusa.

Un’Italia bella quanto poco matura che in occasioni così mostra il suo volto più vero, adeguato ai tempi solo forse grazie a obiettivi e display di telecamere e smartphone che hanno trasmesso un po’ a tutto il mondo le immagini di un Paese ancora in conflitto con se stesso, senza alcuna vergogna di mostrarsi indignato per una memoria offesa che forse, vivaddio, non ha valore economico e l’unico spread è stato quello tra rabbia e civiltà al funerale mai celebrato dell’ultima bestia nazista e al funereality consumato ma davvero realistico di un secolo italiano evidentemente ancora irrisolto.