L’INTERVISTA – Eleonora Bordonaro: “La musica popolare è la mia vita”

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L’INTERVISTA – Eleonora Bordonaro: “La musica popolare è la mia vita”

aelertdi Marco Montini

È bella e affascinante ma soprattutto una magnifica artista. E’ un po’ così Eleonora Bordonaro, interprete siciliana che da anni si occupa di musica popolare e jazz, collaborando con alcune delle formazioni più interessanti del panorama nostrano come l’Opi, l’Orchestra Popolare Italiana diretta da Ambrogio Sparagna, e la Pmjo Parco della Musica Jazz Orchestra diretta da Maurizio Giammarco. Attualmente si interessa alla ricerca e riproposizione di canti siciliani di tradizione orale, dalla poesia popolare a quella dei cantastorie, dal repertorio contadino a quello sacro, con particolare attenzione ai temi che raccontano il mondo femminile. Un repertorio vasto, interessante quella di Eleonora che quando era più piccolina ascoltava “i Duran Duran, il rock e la musica brasiliana. Dentro di me – racconta col sorriso – si sono sedimentate tante voci, tanti modi di pensare la musica, tante sfumature interpretative. Per cui quando canto musica popolare, lo faccio con la consapevolezza di una donna contemporanea”. Contemporanea ma profondamente radicata alle sue origine sicule. Un mix vincente che ha condotto Eleonora sui palchi musicali di mezzo mondo: da Roma a Milano, da Parigi a Palermo, senza contare Russia, Francia, Spagna, Svizzera, Germania, Iraq e Yemen. Dalla vocalità duttile ed intensa, canta in italiano, siciliano, portoghese, inglese, spagnolo e gallo-italico. Le Città l’ha intervistata.
Ciao Eleonora: chi sei prima della musica e del canto?

“Sono nata a Paternò in provincia di Catania, ho fatto il liceo classico e mi sono laureata in giurisprudenza. Dopo un master in management ho iniziato a lavorare come organizzatrice di teatro, danza e adesso lavoro anche all’Auditorium. All’inizio pensavo che la passione musicale fosse poco più di un hobby ed invece è diventata la cosa più importante della mia vita”.
Qual è stato il grande salto che ha trasformato la musica da passione in un vero e proprio percorso artistico?
“Io ho sempre cantato. Quando ho capito che poteva diventare un lavoro, era già un lavoro. Da quando mi occupo della musica popolare e frequento l’orchestra di musica popolare dell’Auditorium di Roma, ho cominciato a capire che questa passione fosse qualcosa di più. Li ho compreso che la mia identità era così determinata, così forte, che necessariamente doveva farsi tramite un linguaggio musicale condiviso come quello della mia terra: la Sicilia”.
Negli anni hai avuto una miriade di esperienze: sei stata la voce di colonne sonore di importanti film e ti sei esibita in tutto il mondo. Ti senti cambiata umanamente e professionalmente?

“Cambiata? Penso di no. Professionalmente mi sento maturata. Umanamente nella mia relazione col lavoro non è cambiato nulla. Canto perchè mi piace da morire, non potrei fare un’altra cosa; lo farei gratis, lo farei pagando”.
Sei una artista eclettica, canti in sei lingue diverse. Come muta la musicalità dei tuoi testi? Ogni lingua ha una sua particolarità?

“Certo. Cambia in primis l’intonazione nel senso che cambia la posizione della voce. Quando canto in portoghese ad esempio, la voce è tutta nasale e questo ti permette di cantare con grande naturalezza e leggerezza. Diverso è cantare in siciliano che ha una certa pronuncia, una certa emissione, un temperamento molto più potente, passionale e drammatico”.
In Italia la musica popolare è per molti aspetti ancora di nicchia. Secondo te, che sei portavoce di questo splendido genere canoro, quanto è difficile ricondurlo in auge?

“E’ difficile perché è difficile dappertutto. Non credo che sia un problema di musica popolare in quanto tale. Credo ci sia una indifferenza politica ad incentivare la formazione musicale, sia la musica dal vivo. I teatri fanno molta fatica, hanno tanti obblighi e numerose spese. Tutto questo rende le occasioni musicali molto rare. Ma, ripeto, questo al di là della musica popolare”.
Che al contrario in questo ultimo periodo sembra aver vissuto una nuova vita.

“Con l’evento della notte della Taranta, quella popolare è diventata uno status e un marchio della Regione Puglia, trascinando molto altro. Mi spiego: anche quelle zone in cui non si è mai avuto l’intento politico di voler diffondere un certo tipo di cultura musicale (come in Campania con la Tamburriata), ne hanno comunque beneficiato perchè quel mondo ha trascinato tutto. C’è dunque un interesse per la musica popolare, le scuole sono piene ma ci sono poche occasioni di fare musica dal vivo. I gestori dicono che i festival non ci sono più, i finanziamenti sono pochi, le spese e le tasse sono tante e altissime”.
Il tuo presente e il tuo futuro: cosa bolle in pentola?

“Continuo a lavorare con l’orchestra di musica popolare dell’Auditorium Parco della Musica. Inoltre col Majaria Trio saremo il 22 ottobre alla Casa del Jazz. Poi sarò in giro con il concerto sulle donne insieme con altri due musicisti: sarà una raccolta di canti tradizionali del sud Italia e del Latino America. A dicembre sarò in Brasile e poi vorrei fare una disco con alcune composizioni di Ambrogio Sparagna. Insomma da fare ce ne è tanto”. In bocca al lupo.