Social, questa parola è diventata negli ultimi anni compagna del nostro quotidiano ed ogni giorno a qualunque ora, accediamo quasi sempre dal nostro smartphone, ad una o più piattaforme dei social media, che siano Facebook, Instagram, Tik Tok, Youtube, Linkedin, X o quant’altro. Entriamo in questi mondi paralleli per conoscere, sapere, “impicciarci” della vita degli altri e di tutto quello che nel mondo ci vogliono raccontare.
Siamo in cerca di follow e siamo noi i primi follower, like su pagine pubbliche e private, video, post commenti, notizie, fake news, Ai che pian piano ci sta sostituendo in tutto.
Eppure se alziamo gli occhi mentre camminiamo, siamo tutti con lo sguardo immerso nello schermo del nostro smartphone, sagome che si spostano senza vedere chi gli è accanto, spesso inciampando sul marciapiede, attraversando strade senza guardare se passano delle macchine ma soprattutto senza percepire più la realtà che abbiamo intorno.
Ci chiudiamo, veniamo inghiottiti dal virtuale senza neanche proferire una parola con chi vive intorno a noi, ci si preoccupa di aver visualizzato le storie sui social o se qualcuno abbia visualizzato le nostre e allora si vedono coppie sedute allo stesso tavolo, con il capo chino sul proprio telefono, mangiano insieme senza parlare, senza incrociare neanche per un attimo i loro sguardi, sembrano lontanissimi eppure sono lì a poche decine di centimetri.
Così, come nella sala di un sempre meno frequentato cinema, display che illuminano il buio mentre il film va da solo, sul sempre più inutile grande schermo, finita la poesia del braccio sulle spalle di chi ci è accanto, della frase sussurrata. Si è sempre da un’altra parte in un altro mondo e in un altro modo, così lontani dal senso di vivo, di vita.
In un campo di calcio durante la partita, ci si fa il selfie, si posta il goal appena fatto, si passa sempre attraverso il filtro di quello schermo luminoso. Ad un concerto si registra e posta in diretta il video e si guarda lo spettacolo attraverso lo schermo e non con i propri occhi, godendo dell’esperienza live di chi sul palco si esibisce per noi.
Che gran fragore questi social, milioni di persone appese lì, in attesa di essere riconosciute apprezzate, categorizzate. Guardiamo milioni di profili, festeggiamo compleanni impersonali con un “grazie a tutti quelli che mi hanno fatto gli auguri”, come dire praticamente nulla, un gran rumore di click ovunque, poi a volte, qualcuno ci urta mentre cammina, tutti e due con il capo chino alziamo la testa e ci guardiamo negli occhi, fissi, quasi sorpresi che ci siano altre persone ancora intorno a noi.
Uno “Scusi” distratto, no, non conosciamo quell’individuo, il telefono emette un suono di una notifica di un qualche social, sorridiamo dentro di noi e con uno swipe siamo di nuovo dentro…
Soli ma così terribilmente social!
E che non me lo mettete un like?
Scritto da Riccardo Diffidenti