Le Città e il signore delle rondini: un anno senza Lucio Dalla

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Le Città e il signore delle rondini: un anno senza Lucio Dalla

di Daniele Priori
“Sogni, tu sogni nel mare dei sogni.Vorrei girare il cielo come le rondini
E ogni tanto fermarmi qua e là. Aver il nido sotto i tetti al fresco dei portici. E come loro quando è la sera chiudere gli occhi con semplicità. Vorrei seguire ogni battito del mio cuore
Per capire cosa succede dentro e cos’è che lo muove. Da dove viene ogni tanto questo strano dolore. Vorrei capire insomma che cos’è l’amore…Dov’è che si prende, dov’è che si dà”.

Un anno senza Lucio. Un anno che è significato tanto per noi de Le Città che proprio omaggiando il ricordo del grande cantautore bolognese abbiamo aperto il nostro numero zero, il primo che abbiamo diffuso in 50mila copie, con una parola che era un monito, una speranza, una poesia: Futura scrivemmo sulla copertina del primo numero, uscito quindici giorni esatti dopo la morte del signore delle rondini, lo scorso anno di marzo.
Le parole di quella meravigliosa canzone, “Le rondini” con cui abbiamo attaccato questa piccola ma doverosa celebrazione d’artista, sono divenute una sorta di testamento per Lucio, sono risuonate nella basilica di San Petronio. A pronunciarle il giovane compagno di vita di Lucio, Marco Alemanno in lacrime. Che aveva conosciuto quel mito della musica italiana da bambino. L’aveva conosciuto proprio come l’uomo delle rondini, ascoltando quella canzone che Lucio, prima di incrociare la sua vita con quella di Marco non aveva mai cantato in pubblico. Mentre poi si è trovato a cantarla anche la sera prima di morire, con Marco a fare da corista, in Svizzera.
Ma proprio Marco deve essere stata la persona che più di chiunque altro è riuscito a guardare dentro gli occhi di quell’artista, tanto da scriverci un libro, intitolato proprio “Gli occhi di Lucio”, edito da Bompiani.
Una storia fatta di romanticismi e tristezze. Una storia, quella di Lucio e Marco, che prima non doveva essere raccontata. Poi non si è riusciti a raccontarla degnamente nemmeno sui media e tra i giornalisti più progressisti.
Oggi, un anno dopo, quando la musica di Lucio Dalla risuonerà più che mai nella sua Bologna cantata da tutti i più grandi cantanti italiani, ci piace ricordare quel 4 marzo 1943. Settant’anni fa. E poi quel 4 marzo 2012, sessantanove anni dopo. Due date, separate da quasi sette decenni, a simboleggiare una vita fatta di note. Il giorno fatale dell’esistenza di un artista che diventa il giorno fatale della musica su ogni palco. Tanto che, grazie all’ingegno e alla sfrontata prontezza di spirito di un giovane guitto della musica italiana, il cantautore indipendente Ciri Ceccarini, le note di Lucio hanno continuato a risuonare persino durante il rito funebre.
Il futuro con Lucio, in assenza di Lucio, infatti era già cominciato durante le solenni esequie di Bologna. Poco lontano, al teatro comunale di Bellaria, a due passi dall’amata Rimini, quella città dove si resta sempre giovani, come poetava proprio lui nell’omonima canzone, c’era chi cantava, danzava e recitava in suo onore. Per ricordare una volta di più al mondo come il volo di quelle rondini, il suono della musica e il battito dell’amore sanno essere più eterne di ogni fine. Persino della morte dell’artista-faro che Lucio Dalla è stato. Un uomo la cui essenza d’artista, sciolta tra note e versi in innumerevoli canzoni, non ha conosciuto fortunatamente la tristezza dell’oscurità e dell’oblio.