La Regione Lazio presenterà immediato ricorso al Consiglio di Stato contro il pronunciamento del Tar del Lazio relativo al piano rifiuti regionale.
Lo comunica una nota della Regione Lazio.
Ad una prima lettura della sentenza è evidente la contraddizione della decisione del Tar con la posizione della Commissione europea che, proprio sulla base del piano rifiuti adottato dalla Giunta Polverini e approvato il 18 gennaio 20102 dal consiglio regionale del Lazio, ha chiuso la procedura di infrazione risalente alla sentenza del 14/06/2007, con cui la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Italia per violazione della direttiva 75/442/CEE.
Il 21 giugno 2012 la Commissione Ue, che certamente conosce i contenuti delle direttive da essa stessa emanate, ha chiuso la procedura di infrazione affermando, si leggeva in una nota, come “la valutazione dei piani da parte della Commissione mostra che essi sono in linea con la legislazione europea”. Stupisce, dunque, che il Tar ritenga quelle stesse norme violate.
E’ opportuno ricordare, peraltro, come gli elementi essenziali contenuti nel Piano regionale varato dall’amministrazione Polverini riguardino la prevenzione e la riduzione dei rifiuti, la raccolta differenziata, l’utilizzo residuale delle discariche (il tutto in linea con la gerarchia di gestione dei rifiuti di cui alla Direttiva 2008/98/CE) e la definizione dei confini amministrativi di gestione dei rifiuti (ATO).
Occorre rilevare come in alcuni punti della sentenza del Tar si commettano errori di natura tecnica quali ad esempio le considerazioni svolte sui deficit di trattamento meccanico biologico in cui si confondono le capacità di impianti di trattamento con le volumetrie delle discariche. Nella sentenza non si riconosce quale sia il compito del piano regionale in merito alla definizione dei criteri di individuazione rispetto ai compiti delle Province sanciti dalla normativa ambientale e, purtroppo, in parte disattesi.
Nella sentenza, inoltre, si confonde il valore dello scenario di controllo con gli obiettivi posti dallo scenario di piano. Nella evidente considerazione che lo scenario di controllo sia quello più realistico allo stato attuale, non viene compreso il valore di strumento correttivo che lo stesso deve avere a seguito di attività di monitoraggio.
Nel tentativo di rispondere più alle censure della Commissione europea che a quelle dei ricorrenti, la sentenza si spinge in affermazioni a dir poco opinabili come quella inerente la strategia dell’aumento delle discariche in luogo della raccolta differenziata. Inoltre, non convince la tesi per la quale il giudice ritiene che il piano incentivi la tritovagliatura, in luogo del trattamento meccanico biologico, poiché l’obiettivo più chiaro e lampante del piano è il trattamento meccanico biologico dei rifiuti laziali e soprattutto la raccolta differenziata.
Il risultato di tale pronuncia che annulla il piano è paradossalmente quello di lasciare le cose come sono, non consentendo la realizzazione del piano teso all’aumento della raccolta differenziata e alla autosufficienza regionale degli impianti di TMB. In sostanza, il risultato di questa sentenza sarebbe quello di esentare Province, Comuni e privati dagli obblighi definiti dal Piano potendo così disattendere alle funzioni previste a loro carico dal codice dell’ambiente.