Un caffè con l’artista: Edoardo Mecca si racconta a Le Città

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Un caffè con l’artista: Edoardo Mecca si racconta a Le Città

amicovulloAnche alle star 2.0, diventate famose grazie alla rete e alla potenza dei social network, ogni tanto piace staccare un po’ la spina e fare una passeggiata per andare ad offrire un caffè ad un amico. È stato proprio al tavolino di un bar che, tra tazzine e pasticcini, abbiamo intervistato Edoardo Mecca: attore e webstar.
Chi è Edoardo Mecca? «Nasco da mia madre come tutti! – esordisce scherzosamente – Professionalmente nasco come appassionato al mondo dello spettacolo, una passione che ho sin da piccolo. A 16 anni ho iniziato a studiare teatro facendo poi spettacoli fino ad ora e mi sono appassionato alla storia del teatro perseguendo la laurea al Dams di Torino in Storia del Teatro ed Arte dell’attore teatrale. L’arte dell’intrattenimento è un qualcosa che mi ha sempre divertito, ho sempre giocato sulle imitazioni che poi hanno avuto il loro boom sul web. Facendo teatro, qualche pubblicità e qualche comparsa mi è stato proposto di partecipare a dei video sul web da parte della Ferrafilm dove ho esordito come frontman per il web, cosa che prima assolutamente non conoscevo, e poi per spot al cinema e altre piattaforme. Pian piano mi sono staccato da loro continuando a lavorare da solo ma anche con altre case di produzione e collaboratori»
Qual è il segreto del tuo successo? «Il segreto del mio successo? Non lo so perché dovrei iniziare ad avere successo prima di raccontare qual è stato il suo segreto! Sicuramente il raggiungimento di un traguardo è dato dalla costanza: bisogna avere costanza, non demordere, non lasciarsi abbattere dai periodi iniziali negativi o periodi negativi che chiunque troverà nel suo percorso. Poi la formazione: essere curiosi, non smettere mai di prepararti e studiare per il proprio talento, sviluppandolo e non abbandonarlo mai. Come in ogni cosa ci vuole anche un pizzico di fortuna ma la cosa fondamentale rimane sempre il lavoro continuo su se stessi»
Totò è uno dei tuoi punti di riferimento, da chi altro prendi ispirazione ed è vero che è più difficile far ridere che far piangere? «Io riesco nel passaggio successivo che è far ridere per non piangere! A Totò ho dedicato la tesi di laurea perché è un personaggio che mi ha sempre appassionato. È stato un artista popolare che ha saputo raccontare a livello di maschera tutto un contesto in cui si rivedeva la gente che rideva. È stato uno dei più grandi artisti della cinematografia italiana, come prima di lui Ettore Petrolini e Alberto Sordi poi. Ancora adesso credo che chiunque voglia intraprendere questo percorso debba sapere chi fossero queste maschere meravigliose. Come loro, tantissimi altri hanno fatto il bene a livello di cultura sociale italiana. Inoltre, sì, è più difficile far ridere che far piangere perché se una battuta non fa ridere… non fa ridere e il contesto diventa tragico. È più facile immedesimarsi nel dolore di una persona perché noi tendiamo a mettere più in risalto le sofferenze della vita, quindi quando le vediamo riprodotte abbiamo più facilità nell’immedesimarci. Quante volte uno dice: ho avuto tantissimi problemi, voglio proprio ridere questa sera. Questo perché la risata la ricerchiamo, non è detto che sia automatica come ricollegarsi ad una sofferenza. Sono tanti i maestri della risata e Totò è stato uno di questi assieme a Ugo Tognazzi, Carlo Verdone, Vittorio De Sica che è stato anche abilissimo a raccontare il dramma italiano nel suo neo-realismo. Maestri di una risata bellissima ma amara perché riusciva a raggruppare tutta la società italiana dei tempi e che tutti abbiamo vissuto»
Chi è Edoardo Mecca quando non è davanti alla telecamera? «Sono abbastanza timido nella vita reale, magari poi se prendo confidenza mi apro e mi piace essere l’amicone e il burlone, sono abbastanza riservato se no. Mi piace scrutare molto gli altri, soprattutto all’inizio mi piace stare in un angolo e osservare il contesto per poi capire come entrare. Davanti alla telecamera non sono un personaggio, sono una persona normalissima a cui piace immedesimarsi in personaggi diversissimi da me e che vado solo ad interpretare»
Sei ad un punto 0, un punto iniziale della tua carriera, come immagini il tuo futuro? «Nella vita è importante essere un numero 0, che comunque precede sempre il numero 1. Non sono proprio agli esordi ma penso che anche chi abbia dato tanto nella vita ha sempre la possibilità di debuttare e forse è anche questo il bello: non avere mai un senso di appagamento. Quando qualcuno inizia ad adagiarsi sugli allori è perché forse quel percorso è già finito. Per il futuro c’è una cosa a cui tengo particolarmente, è uno spettacolo teatrale – Avrei soltanto voluto (ndr) – sul cyberbullismo: un argomento troppo vicino ai ragazzi, protagonisti di quelle che sono le dinamiche del web e del terribile utilizzo che se ne fa e di cui si sa troppo poco, non solo loro ma anche i docenti e i genitori stessi. Assieme a Simone Cutri, un amico con cui collaboro da anni, che ha scritto questo monologo che stiamo cercando di portare in tutte le scuole. Un progetto per avvicinare i ragazzi a questo tema perché credo sia doveroso che dal web partano messaggi positivi, altrimenti è inutile crearsi un bacino di persone che ti seguono perché gli piace quello che pubblichi ma se non dai contenuti diventi anche complice di un utilizzo sbagliato del mezzo. Il web deve essere un punto di riferimento soprattutto per i giovanissimi che sono nati in questa epoca e hanno questo strumento che da un lato è potentissimo e può portarli verso un futuro incredibile, dall’altro lato può anche essere un’arma veramente devastante se utilizzato male»

Francesco Vullo