Le Città ha intervista Romilda Salvati, membro del direttivo “Agenzia di Quartiere Tor Sapienza”
In queste ore i presidenti delle associazioni e i professori si sono riuniti col dottor Galli, community organizer, per connettere realtà operanti in diversi settori e coordinare i nostri progetti per Tor Sapienza. quanto importante questo evento? Molto. È importante perché abbiamo moltissime realtà di eccellenza nel loro campo, sportivo, civico, volontaristico, di supporto alle dipendenze e alla violenza oltre a eccellenze nella proposta delle scuole superiori… Ma sono mondi separati. Vogliamo connetterli.
Quali sono i progetti interassociativi per rilanciare Tor sapienza? Al momento esiste un progetto di connessione per il rilancio lavorativo apertosi con una simulazione di Report. Consiste nel creare la rete tra enti scientifici, nel nostro caso la facoltà di medicina di Tor Vergata e gli studenti del Giovanni XXIII e l’investimento privato, nel nostro caso la Novamont, poiché il pubblico è fermo e è giá successo con Reblock che abbia impedito di ottenere risultati anche in progetti europei di spessore. L’attività, la produzione di bioplastiche a uso sanitario o commerciale, connessa con il patrimonio ex-indistriale sottoutilizzato parte da una trattativa tra privati e poi offre al territorio alternanza scuola-lavoro ai ragazzi, occupazione per i cittadini, e riqualificazione di quegli stabili produttivi altrimenti in balia di degrado e occupazioni. Qui entriamo in gioco noi. L’espressione della cittadinanza organizzata in assiciazioni che è un po’ quella parte nella trattativa che garantisce e pattuisce che i benefici non vadano solo al privato. Questo è il community organizing, un metodo per fare “sindacato della gente”. Lo stesso metodo è stato usato con successo a Baltimora, nel Bronx, a Tor Bella Monaca.
Questione, roghi, ci fa il punto della situazione? Sui roghi si va a Rilento. I rilievi Arpa, promessi dalla Regione entro l’estate arrivano ora. I risultati confermano chiaramente la presenza di sostanze tossiche nell’aria. Ovvio, certo, ma il rilievo serve ad avere certificazione. Dopo il dato ambientale la questione si fa tutta politica: tocca i temi dello smaltimento illecito da parte di aziende italiane, quello del rovistaggio da parte degli abitanti dei campi e soprattutto una grave mancanza di tutela della salute e del territorio. Serve un piano ampio e integrato da parte della Regione e del Comune fuori dalla dinamica dello scarica barile. Non credo che risolveremo se continuiamo a affrontare la questione di salute divisa da quella di reato divisa da quella delle soluzioni. Perché anche di alternative e soluzioni dobbiamo parlare per uscire dalla mera segnalazione di problemi. Per esempio guardando alle vincenti esperienze europee che vedono la popolazione rom e sinti coinvolta nell’economia del riciclo e del riuso, ma in maniera green, controllata, legale e virtuosa.
Marco Montini