Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, è stato ospite questa mattina, con il popolare giornalista Marino Bartoletti,
della prima puntata stagionale di “Pezzi da 90” condotta da Massimo Boccucci sull’emittente umbra Radio Onda Libera.
Presidente Malagò, non ci sono mai mezze misure nel calcio di fronte a un risultato: entusiasmo o delusione. Le critiche in queste ore sono feroci. Quanto è dura da digerire la lezione degli spagnoli?
“Bisogna digerirla per forza, altrimenti una situazione complicata diventa esageratamente complicata. Si deve saper perdere e programmare subito il riscatto ripartendo dagli errori per non ripeterli”.
Cosa in particolare non l’ha convinta a Madrid?
“Non entro nel merito delle questioni tecniche, ma la verità è che purtroppo sugli episodi e sull’atteggiamento le cose non sono andate come dovevano andare. E’ stata persa una battaglia, però la guerra sportiva continua e conta soprattutto quella. Ora basta con i passi falsi da qui a novembre. Dobbiamo prepararci bene anche per l’eventuale spareggio”.
In Europa sono stati spesi oltre 4.000 milioni in questa sessione estiva del calciomercato e l’Italia con 820 milioni è dietro alla sola Premier League inglese. Lei pensa che si è presa la direzione degli investimenti intelligenti o considera la spesa eccessiva?
“Le cifre sono considerevoli. L’aspetto fondamentale è il rispetto delle regole, cioè se tutto è stato fatto tenendo conto del fair play finanziario. Abbiamo visto che Roma e Inter sono state sottoposte a vincoli rigidi e si sono comportate di conseguenza. Il Milan è stato più libero di agire e ha ricostruito. Il fatto è che in generale ci sono dei club con dei proprietari ben definiti e ce ne sono altri in mano a uno Stato o a un fondo. Questa cosa non mi piace”.
Stadi da ammodernare o da rifare: le sfide vinte a Torino, Udine e prima ancora a Reggio Emilia fanno da traino?
“E’ un processo obbligato, si deve partire da lì. Mi sono speso tantissimo su questo e non riguarda solo il calcio, perché una disciplina sportiva per essere competitiva e portata avanti al meglio deve avere gli impianti adeguati. E’ come la casa per una famiglia. Sono stati bravi a Torino, così come Pozzo e Squinzi. Agli inizi degli anni ’90 sono state fatte delle scelte sbagliate. Non solo noi nel tempo abbiamo commesso errori, penso alla Germania che prima del 2006 era depressa e non riusciva ad avere una Bundesliga appetibile. Poi i tedeschi hanno saputo valorizzare bene il proprio prodotto e gli impianti sono stati determinanti. Da noi c’è un discorso condizionato dalla proprietà degli stadi: sono dei Comuni che li danno in concessione alle società, per nulla propense a investire soldi su qualcosa che non è loro”.