L’EDITORIALE – Anche in politica “Bisogna tornare a Kant”

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L’EDITORIALE – Anche in politica “Bisogna tornare a Kant”

kantkantdi Alessandro Verrelli

Fin dal Liceo mi sono appassionato alla filosofia oltreché, più in generale, alla visione del mondo di Immanuel Kant.

Il genio di Königsberg apre, chi gli si avvicina, ad una filosofia complessa e rivoluzionaria che ha segnato indelebilmente la nostra cultura più attenta e consapevole.

Tra i tanti spunti che questa offre, vorrei porre attenzione sulle argomentazioni di natura politica, sperando che possano illuminare chi si occupa della Res Publica come ogni altro cittadino che non le conosce.

Va detto che, la filosofia politica Kantiana, non si può circoscrivere in una singola opera; bisogna invece ricercare i fondamenti di questa dottrina in scritti eterogenei per approccio, ampiezza e datazione.

Facendo alcuni esempi, si passa dalla “Critica della Ragion Pura”, dove si idealizza la repubblica, fino alle opere realizzate tra il 1784 al 1795, nelle quali  si sviluppano le riflessioni in materia di Stato, diritto, cosmopolitismo e pace.

Per iniziare, bisogna far proprio il concetto che, per Kant, il valore della pace è un criterio costitutivo del destino storico e politico di tutta l’umanità oltreché misura del progresso umano.

L’umanità, come ogni singolo uomo, va trattata come fine e mai come mezzo, tenendo bene a mente che il valore di ogni individuo è supremo dovere dell’agire umano.

Ed oggi, in un’epoca dove le istituzioni e la politica sembrano essere schiave dell’interesse personale e personalistico, questi concetti devono essere ripresi e fatti propri.

Perché, purtroppo, ad emergere davanti agli occhi del popolo, è semplicemente la parte peggiore della politica e dell’amministrazione. Per capire questo concetto basta dare uno sguardo agli indici di Percezione della Corruzione di Trasparency International, che mettono l’Italia al 60° posto nel mondo per corruzione percepita.

Tale percezione non è altro che il risultato di un lento sgretolarsi del rapporto tra politica ed individuo, ormai trasformato nello strumento principe dell’arricchimento personale tramite lo sfruttamento della società. Il pensiero kantiano viene quindi, inconsciamente, capovolto, andando a negare i pilastri della sua politica.

Esternate alcune riflessioni di carattere generale, bisogna dire che il pensiero di questo filosofo, non può essere né ridotto né affrontato sulle pagine di un giornale.

La complessità delle opere è tale da meritare anni di studio e di approfondimento. Ritengo, però, che sia importante ricreare attenzione e curiosità intorno alla figura di un personaggio storico che tornerebbe ad arricchire moltissimo il pensiero politico in generale.

Concludo queste mie riflessioni, quindi, con una celebre frase di Otto Liebmann: “Bisogna tornare a Kant!”.