Corsi e ricorsi storici. Mai come in questa vicenda, questa frase sembra così attuale. Lo scenario è questo: una squadra in costruzione, la Virtus Roma, un presidente in crisi, Claudio Toti, una città da riavvicinare, Roma. Sembra che l’unica persona in grado di guidare la società sportiva in questione sia sempre e solo una: Attilio Caja.
La prima volta con la Virtus Roma è il 1994, un esordiente Presidente Corbelli cerca un allenatore in erba, che abbia una grande dose di coraggio e un po’ di incoscienza, ingredienti fondamentali, per far ripartire la compagine capitolina, ormai solo la brutta copia di quella che fino a metà anni ’80 faceva sognare anche i tifosi più reticenti. Dopo cinque lunghi anni e un intervallo di due, le strade si separano, il Presidente è Toti.
Il giorno è il 26, il mese è ottobre, l’anno è il 2015 e l’allenatore di Pavia torna a sedere sulla panchina virtussina, richiamato proprio da quel presidente che nel 2002 lo aveva allontanato. In estate, la decisione del Patron Claudio Toti di iscrivere la Virtus in A2, presa per amministrare con oculatezza il bilancio e che ha fatto sì che la squadra per questo campionato sia stata allestita con quello che si è trovato sul mercato: non si poteva fare diversamente. Si è cominciato con il coach Guido Saibene, che nonostante il suo pregresso sulla panchina giallorossa, ha avuto difficoltà a reinsersi e a dare quel giusto lancio di entusiasmo ad una squadra completamente ristrutturata e dal roster giovane.
La scelta del sostituto non poteva che ricadere su Attilio Caja, sia per la sua conoscenza della realtà del basket romano sia per quell’affetto mai sopito.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Daniela De Simoni