Osservare da vicino, il funzionamento dell’Authority regionale per i diritti detenuti e prendere visione, in particolare, delle buone pratiche adottate dal Garante in campi particolarmente sensibili come la salute, il lavoro, la cultura, l’istruzione ed il tema degli stranieri in carcere. Sono stati questi gli scopi della visita compiuta da una delegazione del Ministero della Giustizia norvegese nella sede del Garante dei detenuti del Lazio. La delegazione del Dipartimento del Ministero della Giustizia – Servizio per la sicurezza e l’educazione (Correctional Service of Norway) era composta da cinque persone, guidata dalla dottoressa Berit Johnsen. Nel corso dell’incontro con il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni ed i suoi collaboratori, sono stati affrontati in primis i temi generali legati alle problematiche della giustizia nei due Paesi. In Norvegia i detenuti sono 3.700 (una media di 75 ogni 100.000 abitanti) reclusi in 54 carceri. In Italia i detenuti sono oltre 60.000 (120 ogni 100.000 abitanti) stipati in 206 istituti. Soltanto le 5 carceri di Roma ospitano quasi gli stessi detenuti di tutta la Norvegia. Nel paese scandinavo, inoltre, sono previsti spazi per i rapporti intimi dei detenuti mentre in Italia l’ordinamento prevede addirittura sanzioni per il possesso, in cella, di riviste per soli adulti. Il discorso si è quindi spostato sulla specificità della Regione Lazio e sul lavoro quotidiano del Garante. In particolare, gli ospiti hanno mostrato molto interesse sia per i progetti della Teleuniversità e della Telemedicina – indicati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) quali da replicare su tutto il territorio nazionale – che per le innovative modalità utilizzate dagli operatori del Garante per affrontare le problematiche legate all’alto numero di stranieri in carcere.
«Non tutte le regioni hanno un’authority di garanzia per i detenuti – ha detto al termine dell’incontro il Garante – e, fra quelle istituite, non tutte hanno la nostra forza, cresciuta in anni di lavoro sul campo. Dal confronto tra la nostra realtà e quella norvegese è emerso che l’ordinamento italiano ha ancora troppe norme che producono carcere, nonostante il recente intervento legislativo in tema di misure alternative. Occorre depenalizzare il sistema per consentire di applicare pienamente la funzione di recupero sociale del detenuto che è garantita dalla Costituzione». «Abbiamo voluto questo incontro – ha detto il capo della delegazione norvegese Berit Johnes – per conoscere da vicino il lavoro del Garante dei detenuti del Lazio. Siamo soddisfatti perché abbiamo conosciuto una prospettiva del sistema giudiziario italiano che non conoscevamo, quella vista cioè da un profilo istituzionale. Siamo rimasti colpiti dall’importanza che il Garante attribuisce alla cultura, all’educazione ed alla tutela della salute e ci ha particolarmente impressionato la creatività che questo ufficio utilizza per affrontare il disagio legato al mondo del carcere».