di Luca Bussoletti
Venerdì 26 luglio, nella cornice di Villa Ada per “Roma Incontra il Mondo”, arriveranno in città gli Inti-Illimani. Arriverà quindi nella capitale la musica del popolo, quella che nasce dal cuore ed arriva nelle piazze di tutto il mondo. Che sia questa l’essenza dei musicisti sudamericani lo dimostra la loro storia, iniziata negli anni settanta e passata per l’esilio forzato nel nostro paese a causa del golpe cileno, fino alle recenti contaminazioni musicali che hanno rigenerato la formazione base e coinvolto cantautori italiani come Daniele Silvestri. Gli Inti-Illimani significano talento ed impegno, consapevolezza e voglia di sperimentare. Sono un laboratorio itinerante di come dovrebbe e potrebbe essere una società migliore. A spiegarci cosa muove il motore di un treno così longevo è uno dei leader Jorge Coulon.
Eccovi in Italia… ancora una volta. Che rapporto avete col nostro paese?
“Credo che sia difficile rispondere senza cadere nella retorica. I sentimenti spiegati sembrano zucchero filato e la nostra relazione d’amore col vostro paese è più complessa.”
In un’epoca di globalizzazione sono ancora importanti le radici?
“E’ proprio in un’epoca di globalizzazione che le radici sono importanti. Per dialogare con gli altri senza arroganza ma anche senza complessi devi sapere bene chi sei, cosa hai da offrire e di cosa hai bisogno. Comunichiamo tra culture e siamo interessanti perché diversi. Se poi globalizzazione significa omogeneità bisogna preoccuparsi seriamente.”
Come descrivereste il vostro Cile a chi non ci è mai stato?
“Non morite senza averlo visitato… vi sentirete talmente a casa da subito che vi sembrerà il posto ideale nel quale vivere!”
E’ sbagliato vedere gli Inti-Illimani come una famiglia musicale in continua evoluzione?
“Vorremo essere visti più come un suolo sul quale si costruisce a strati: riutilizzando, ripensando, rinnovando e conservando in più dimensioni. Magari siamo un albero fatto di alberi.”
Avete mai pensato di inserire anche un musicista italiano?
“Non abbiamo mai pensato in generale all’inserimento di musicisti precisi. La vita ce li ha fatti trovare strada facendo, è successo così per tutti i 23 artisti che hanno fatto parte del gruppo in 46 anni. Forse in futuro capiterà anche un italiano, ma non è una decisione nostra.”
Quali sono le aspettative dal concerto a Villa Ada?
“Ritrovare i romani e la capitale e dire a loro ‘Eccoci di nuovo qua, Roma, da te che sembri ferma solo perché eterna. Eternamente giovane però, eternamente frivola ed eternamente profonda. Eccoci di nuovo da voi, parte di voi, un pezzo insignificante di Roma, dove ogni pezzo, anche il più insignificante, è un tesoro per l’umanità’.”0
Le vostre canzoni sono per il popolo e del popolo. Perché questa vocazione è molto più rara tra gli artisti italiani?
“Perché gli artisti sono di chi li fa mangiare. Abbiamo la fortuna di essere alimentati, vestiti e sostenuti dal popolo. Non c’è mai stato dietro a noi il sostegno nè i soldi di governi, multinazionali o industrie… è il pubblico, la gente che ci sostiene, ci fa liberi ed esige da noi a cambio il nostro impegno di non tradire quella libertà.”
L’ultimo vostro lavoro di inediti risale al 2010. State preparando qualcosa?
“Sì, stiamo lavorando ad un nuovo album.”
Tornate a Roma dopo poco una piccola rivoluzione, il cambio di sindaco che è tornato al centro sinistra. Avete un augurio per questo nuovo corso?
“Se c’è una città che ti fa capire come la storia vada a spirale quella è Roma. Speriamo che questo nuovo vecchio corso allontani le immagini di una Roma intollerante, vista da lontano in questi anni. Che torni la Roma popolare, democratica, interessante, colta che abbiamo vissuto e amato. Speriamo che dia una mano anche Papa Francesco suo vescovo.”
Che la musica sia una ragione di vita è evidente ma so che anche il calcio è una passione forte. Ce ne parli di più?
“Il Cile è un paese che ama il calcio. Rispetto dell’Italia si segue la carriera dei cileni nelle diverse squadre. La Roma è stata sotto l’attenzione dei media ogni domenica quando David Pizarro giocava qua. Adesso l’attenzione dei cileni è centrata su Vidal della Juventus. Noi, quelli di allora, rimaniamo fermamente giallorossi, anche se nel calcio cileno gli amori sono divisi tra Colo Colo e le Università (del Cile e Cattolica).”
Qualche anno fa il regista Francesco Cordio girò un bellissimo film su di voi, “Dove cantano le nuvole”. Che ricordi avete di quell’esperienza?
“È stata una bellissima esperienza… è sempre molto stimolante trovarsi di fronte ad una telecamera che non solo guarda ma domanda e stimola in modo intelligente, con conoscenza di quello che fa, esteticamente ma anche culturalmente. È quell’Italia, l’Italia dei Cordio, che speriamo di trovare quando torniamo da voi.”
Nonostante le difficoltà del vostro mestiere, consigliereste ai giovani di seguire le vostre orme?
“Solo se la loro passione artistica è chiaramente superiore agli altri miraggi che il mestiere fa vedere. Intendo soldi, fama e notorietà. Questo mestiere si fa solo per passione e ad ogni menzogna ti cresce il naso. Se sai quello che cerchi nell’arte lascialo subito da parte e fa un altro mestiere.”
Sognando ad occhi aperti, con quale artista del passato in assoluto avreste voluto lavorare?
“Posso solo rispondere a nome personale… Brel, Borodin, Gardel…Tanti e non solo musicisti!”