di Luca Bussoletti
Prendi uno dei cantautori più raffinati e nascosti della scena italiana e mettilo nel direttivo di un festival internazionale ormai giunto alla sua trentacinquesima edizione. Il risultato sarà solo uno: tanta buona musica. E’ quel che sta accadendo col rinnovato matrimonio tra Folkest e Edoardo De Angelis, che i più distratti ricordano per l’immortale “Lella” e più curiosi continuano a seguire ed amare per dischi culto come il recente “Sale di Sicilia”. Scopriamo insieme a lui cosa bolle in pentola per questa iniziativa che coprirà tutto il mediterraneo artistico.
Qual è il tuo ruolo nel Folkest?
Dopo due “visite” come artista, per la presentazione dei miei nuovi album, Historias nel 2008 e Sale di Sicilia nel 2011, sono stato cooptato all’interno della Direzione, con un incarico relativo ai Progetti Speciali. Riferisco anche, con orgoglio, che nel 2011 Folkest mi ha assegnato un importante premio alla carriera.
Che sensazioni provi nel far parte di un qualcosa che dura da ben trentacinque anni?
Sono stato conquistato da Folkest, dall’ambiente di lavoro, dalle persone, mi sono sentito uno di loro ancora prima che mi chiedessero di esserlo. L’anzianità della rassegna è solo un titolo di merito in più. Del resto anche io ho tanti anni di carriera.
Da cantautore, quale nome del cast ti incuriosisce di più?
Sono particolarmente orgoglioso della scelta vincente, l’anno passato, del concerto di Neri Marcorè “Le mie canzoni altrui”. Altrettanto soddisfatto, quest’anno, del concerto di Simone Cristicchi dedicato a Sergio Endrigo, con la Mitteleuropa Orchestra del Friuli Venezia Giulia, diretta da Valter Sivilotti.
La musica, quella vera, non ha confini. E allora perché, secondo te, sono pochi gli artisti italiani che suonano all’estero?
Direi, per prima cosa, che non siamo avvantaggiati dalla lingua. Tanto è vero che i più consistenti successi italiani fuori d’Italia sono stati quelli di Raffaella Carrà, Laura Pausini ed Eros Ramazzotti nei Paesi di lingua latina.
Credi esista una cultura mediterranea o ogni paese vive ancora per sé?
Cultura mediterranea, certo, e anche assai centrale. Basta lavorare qualche volta in Sicilia, dove vado spesso, per rendersi conto di come sia composto il nostro abito culturale, da quali colori, da quali profumi.
Nella tua scrittura non hai snobbato il dialetto. Credi che valorizzare le proprie radici sia un buon modo per guardare oltre alla siepe?
L’uso del dialetto, nella mia scrittura, è piuttosto limitato. Però sono convinto che i dialetti, o le lingue “paritarie”, come la friulana abbiano in sé una musicalità particolare. Se mi mettessi d’impegno, adesso, a ricordare le più belle canzoni napoletane, magari interpretate dal grandissimo Peppe Servillo… se ricordassi “Creuza de ma’”, o anche le bellissime ultime composizioni di Marisa Sannia… potremmo tirare l’alba, e il tempo non sarebbe ancora sufficiente.
Cosa spinge un artista che, come te, ha avuto quasi tutto dalla sua carriera a continuare a macinare chilometri?
Questo è un mestiere che non prevede pensione. A ogni età corrisponde un sentimento, una capacità, sempre più matura e approfondita, di interpretare i segni della vita.
Come vedi la situazione artistica di Roma? E’ in salute?
Se mi avessi posto questa domanda due o tre anni fa, sarei stato piuttosto pessimista. Oggi, devo dire, mi sembra che alcuni fermenti di giovani artisti –parlando sempre di canzone d’autore – stiano dando frutti interessanti. Ho seguito, ad esempio, il tuo lavoro, che trovo assai interessante, e degno di attenzione. Un altro giovane cantautore romano che seguo con interesse è Simone Avincola, che proprio quest’anno pubblicherà il suo primo album “ufficiale”, proprio con l’etichetta FolkestDischi.
Credi che Marino possa far bene alla vita culturale della città?
Me lo auguro. E’ una speranza. Si spera sempre nelle persone che in qualche modo siano vicine alla gente comune, e ne conosca, o si sforzi di conoscerne i problemi. Mi sembra che la chiarezza del risultato ottenuto possa concedergli la forza di operare serenamente.
In molti conoscono De Angelis ma chi è Edoardo oggi?
Un ragazzo con una barba che diventa sempre più bianca, con tre chitarre, con molti amici con i quali condividere sentimenti anche profondi. L’ho scritto in una canzone, e i versi compaiono anche sulla home page del mio sito ufficiale: “perché un uomo non è niente / se non porta nel suo cuore / la ricchezza degli amici / e le ragioni dell’amore”.