Un Conclave Americano?

HomeNEWS

Un Conclave Americano?

joseph lorenzoViaggio nella parrocchia italoamericana di New York.  “I cardinali Usa saranno influenti ma tra loro non c’è il prossimo Papa”. Dolan è il più amato ma non parla italiano, Burke e Levada occupano già posizioni di rilievo in Vaticano, i cattolici in Usa sono il 25% della popolazione ma lo scandalo pedofilia non è stato ancora del tutto superato. Prova ne è il caso nato attorno all’ex arcivescovo di Los Angeles, rimosso per aver coperto casi di abusi ma con pieno diritto di voto nell’elezione del pontefice

di Donatella Mulvoni da New York  (ha collaborato Manuela Cavalieri)

In ginocchio davanti all’altare, un gruppo di signore si raccoglie in preghiera, un’ora prima dell’inizio della messa. Altri fedeli aspettano fuori, nonostante il freddo, l’arrivo del parroco. Ci sono anche molti giovani che alla spicciolata salgono le scale della Chiesa di Sant’Antonio da Padova, nel cuore del Greenwich Village, uno dei quartieri storici di New York. E’ stata la prima parrocchia degli Stati Uniti costruita nel 1839 per raccogliere gli italiani immigrati in America.
“Bisogna pregare per il Papa. Le sue dimissioni mi hanno spiazzato, ho paura che stia molto male”, dice Anna, italoamericana, originaria di Bari, proprio come padre Joseph Lorenzo, il parroco della Chiesa. “La mia famiglia è di Giovinazzo”, precisa in inglese, con qualche battuta in dialetto barese.  Nato a Brooklyn, appartiene all’ordine dei francescani. Conosce molto bene l’Italia ed è spesso stato al Vaticano. “Incontrai Ratzinger a San Pietro quando era ancora cardinale. Fu molto cordiale. Poi l’ho rivisto a New York, il suo atteggiamento semplice e discreto non era cambiato”. Molti fedeli proprio in quell’occasione impararono a conoscere meglio e a sentire più vicino a loro Papa Benedetto XVI. “In America, infatti, la figura del Pontefice è importante, ma percepita come lontana. Qui si affidano al parroco o ad esempio al cardinale Dolan, amato veramente da tutti qui a New York”. Proprio il nome di Timothy Dolan, dal 2009 arcivescovo dell’arcidiocesi di New York e dal 2010 presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, ricorre con insistenza tra chi è convinto che sia arrivato il tempo di eleggere un pontefice di lingua inglese. Secondo padre Joseph questa eventualità è improbabile: “Il nostro è un cattolicesimo troppo liberale rispetto alle logiche del Vaticano. Non sono l’unico parroco qui a sperare che su molte questioni la Chiesa abbassi i toni. Ad esempio, nozze gay, coppie di fatto. Certo noi non potremo mai riconoscerle, ma sarebbe opportuno rispettare queste scelte, discutere, invece di opporci ottusamente”, spiega. Per quanto riguarda Dolan “anche se è ben voluto e influente, non credo sarà il prossimo Papa.  E’ diventato cardinale solo recentemente e non parla bene le lingue, neanche l’italiano”.
Americano o meno, l’unica cosa certa è che il Conclave non potrà nominare il prossimo pontefice prescindendo dai cardinali che arriveranno da oltre oceano. Rappresentano il gruppo più numeroso dopo gli italiani e alcuni di loro ricoprono ruoli chiave in Vaticano. Tra gli altri: il cardinale William Levada è stato il primo prelato americano a presiedere la Congregazione per la dottrina della fede, mentre Raymond Burke, guida il massimo tribunale ecclesiastico. I cattolici negli Stati Uniti hanno superato gli oltre 70 milioni,  soprattutto grazie all’immigrazione sudamericana che ha dato a questa religione nuova forza, dopo lo scandalo dei preti pedofili. Un americano su quattro è quindi cattolico. Se ne contano di più solo in Brasile, Filippine e Messico.
Ma questi numeri non basteranno, perché come ha bene spiegato Christopher Bellitto, uno storico che insegna alla Kean University in New Jersey, all’Associated Press, “C’è una grande differenza tra prestare a qualcuno la macchina e consegnargli le chiavi”. Gli oltre 129 casi di abusi denunciati non sono stati dimenticati. Lo scandalo della pedofilia è anzi tornato in questi giorni nelle prime pagine per la petizione lanciata dal gruppo Chatolics United in cui si chiede che il cardinale Mahony non voti al Conclave. L’ex arcivescovo di Los Angeles era stato sollevato da tutti gli impegni pubblici, perché accusato di aver insabbiato i presunti abusi sessuali sui bambini negli anni 80. “Voterà, voterà – dice sicuro Padre Joseph, al termine della messa – anche perché non è l’unico cardinale, tra quelli che si riuniranno alla Cappella Sistina, ad aver gestito male i casi di pedofilia tra i preti”.           Ci sono poi anche le vicende internazionali da considerare. Sempre sull’articolo scritto dalla giornalista Rachel Zoll, si legge che “Il Vaticano sostiene complesse relazioni con il mondo musulmano, con israeliani e palestinesi, o con la Chiesa in Cina. Un Papa americano potrebbe essere percepito come una figura che fa più gli interessi degli Stati Uniti, che dei cattolici”.