di Daniele Priori
Saliamo in politica. Finalmente arriva la vera rivoluzione copernicana. La risposta al verbo di Silvio Berlusconi “disceso” in campo e ridisceso e ridisceso e ridisceso per ben sei volte, fino a quest’ultima famelica e disperata rincorsa che somiglia tanto alla riduzione teatrale del sic transit gloria mundi con cui proprio lui, Berlusconi, nell’ultimo mese del suo quarto governo aveva commentato la barbara uccisione del suo ex amico, il rais libico Muhammar Gheddafi.
Un mese dopo quella frase, quei tragici fatti libici e quelle parole definitive dell’allora premier italiano, Silvio Berlusconi, a Palazzo Chigi è arrivato Mario Monti e oggi, passati tredici mesi da allora, e a meno di sessanta giorni dalle elezioni politiche, proprio Monti ha deciso di cambiare strada per guidare le stesse persone: un’area liberale, riformatrice e cattolicodemocratica. Quell’unione di intenti che da più parti è stata identificata come “area moderata” che per sua stessa natura si trova frapposta al conservatorismo postcomunista di Vendola su temi come il lavoro, al quale resterà impiccato il pur liberaldemocratico Bersani e l’estremismo populista di Grillo e Berlusconi.
Il cambio d’identità (e l’opposizione verbale) dell’ex premier tecnico che non “scende” ma “sale” in politica pare dunque dipingersi come una necessità dettata dalla Storia per non mandare al macero tutto il faticoso lavoro con cui gli italiani, nell’ultimo anno, hanno evitato il fallimento finanziario del Paese.
E Monti non ha voluto lasciare intendere, come era sembrato dalla conferenza stampa prenatalizia, il senso profondo di questa “ascensione” ma, passato il Natale di annunciata riflessione, ha voluto metterlo con chiarezza su twitter, il social network icona della comunicazione moderna. E proprio quel verbo “salire” l’ha sottolineato tra due icastiche e non casuali virgolette.
Una scelta che, è pacifico, non è stata dettata dalla vanità accademica di dare una lezione di sociolinguistica applicata ai nuovi media.
Monti è un pragmatico e la sua scelta lessicale è facile da traddure in pochi istanti nella nuova visione della politica, della nazione, della cosa pubblica che da più parti – per quel che riguarda chi scrive vieppiù da una destra nuova e libertaria – è stato auspicato da ormai molto tempo.
Una risalita che possa riavvicinare all’Europa la scelta che fu saggia quanto malpraticata di dare vita a un partito unitario di centrodestra. Una speranza che oggi prende forma e, dicono, in pochi giorni abbia superato il 20% dei consensi. Varrà la pena guardare con attenzione per non perdere l’ultimo treno, o meglio, l’ultimo ascensore che riavvicini definitivamente il nostro Paese al destino della nuova Europa politica che sta nascendo.
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