Quei minori strappati alle famiglie

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Quei minori strappati alle famiglie

mano-tesaCi sono tante storie di mamme, papà e figli che vengono separati da provvedimenti presi in nome della tutela di un minore, che spesso non viene neanche ascoltato e che non ha nessun mezzo per potersi difendere. Vogliamo parlarvi una di queste storie, quella di Federica Puma, mamma a cui è stata sottratta la figlia ormai quasi un anno fa.


Federica, partiamo dall’inizio. Quando ti è stata tolta la bambina e qual è stata la motivazione della sentenza?
“Mi hanno tolto la bambina il 14 dicembre del 2011. Tutto è iniziato perché il padre, che frequentava regolarmente la figlia, ha chiamato i servizi sociali, non, però, per ottenerne l’affidamento, ma per darla in adozione a terzi. La bambina mi è stata tolta in base ai racconti del padre, che ha dichiarato che durante i loro incontri la piccola era particolarmente vivace e che in un’occasione avrebbe anche rotto una porta in casa. Questo atteggiamento aggressivo, lui lo attribuiva a me. Il mio avvocato ha, poi, chiesto che la bambina fosse ascoltata e il giudice ha emesso un provvedimento che invitava me e il padre di mia figlia a portare la piccola presso il Tribunale. Quando siamo giunti in Tribunale, pensavamo che la motivazione per la quale eravamo stati convocati fosse esclusivamente quella di ascoltare la bambina. In realtà, mia figlia è stata presa subito dagli assistenti sociali, con la scusa di farla accomodare in una stanza piena di giochi. Intanto noi ci siamo recati dal giudice che ci ha letto il decreto di allontanamento. La disperazione di quel momento è stata così intensa, da non poter essere descritta. Io non ho potuto neanche salutare mia figlia, che nel frattempo era già stata portata via, ignara di tutto. Lei non sapeva, infatti, che non sarebbe più tornata a casa. La motivazione è quella oggi più frequentemente utilizzata per togliere i figli ai genitori. Nel mio caso non si è neanche arrivati alla Pas, ma si è parlato parlato di conflittualità genitoriale. Mi sono più volta sottoposta a perizie psichiatriche e ben quattro periti hanno riscontato che io sono sana, che sono una brava genitrice e che la bambina deve rimanere a casa con me”.

Dove si trova oggi tua figlia?
“Mia figlia è stata inserita in una casa famiglia sulla Cassia, dove è tra l’altro soggetta ad atti di bullismo. Ha frequenti crisi che derivano dal fatto che il suo mondo è stato totalmente stravolto e mi chiede continuamente quando potrà tornare a casa; addirittura mi ha invitata a scappare e, quando le ho spiegato che non era possibile e che i problemi vanno affrontati, mi ha risposto che sarebbe scappata da sola. Il danno psicologico causato a mia figlia è evidente e riscontrabile”.

Quando puoi vedere la bambina?
“Grazie al mio avvocato adesso riesco a vedere mia figlia due volte a settimana, mentre prima la incontravo una volta sola. Gli incontri sono sempre monitorati dagli educatori della casa famiglia, che, con la loro presenza, interferiscono costantemente nel nostro rapporto e non c’è più spontaneità”.

Tu hai iniziato subito a lottare per riavere tua figlia, quali sono le novità?
“Una novità processuale c’è. Il mio avvocato recentemente ha presentato un’istanza in cui ha chiesto che tutto il procedimento sia invalidato, in seguito al ritrovamento di alcuni fax inviati dal padre di mia figlia direttamente al giudice”.

Per concludere, Federica, lasciamo spazio al tuo appello.
“Io mi appello ancora una volta, instancabilmente alle massime cariche dello Stato, che fino ad oggi non mi hanno risposto. Ho scritto al Presidente Napolitano, al garante dell’infanzia e ai giudici. Ho mandato ricorsi al Csm e in Cassazione. A cosa dobbiamo arrivare? I bambini vanno rispettati, se c’è un problema dovremmo andare a rintracciare la causa. Non si può punire il bambino, né tantomeno il genitore che non c’entra niente. Chiedo solo che qualcuno mi aiuti, io rivoglio la mia bambina al sicuro nella sua casa con me. Io e mia figlia vogliamo solo poter vivere serene e insieme”.

Federica è supportata nella sua battaglia dall’Associazione Donne per la sicurezza Onlus, il cui Vicepresidente Roberta Simbaud, ha dichiarato a Le Città: “Il dramma di questa bambina mi porta a pensare al paradosso esistente nel nostro Paese, dove si parla di vita, di embrioni e di esseri umani, del valore etico e sociale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni cliniche e terapeutiche. E quando questo embrione cresce e diventa bambino non si ascoltano le sue grida di dolore, le sue richieste di aiuto, ma si cerca in tutti i modi di fargli scontare le colpe dei genitori, quando queste colpe ci sono, con una punizione insopportabile, disumana ed ingiusta sottraendoli agli affetti veri. Le famiglie italiane in crisi non si aiutano alimentando il dolore”.

Sara Scatena

Castelli, territorio con grande vocazione sociale
Quello castellano resta un territorio con una grande vocazione sociale. Una peculiarità che da sempre caratterizza il comprensorio. Tra le realtà più dinamiche, sul versante tuscolano spiccano la Cooperativa Capodarco di Grottaferrata (fondata da don Franco Monterubbianesi), la Cooperativa Arcobaleno di Frascati (che in questi giorni festeggia il trentennale) ed i progetti portati avanti dalla Caritas diocesana tuscolana. Proprio curata della Caritas insieme all’associazione Tuscolana solidarietà grazie ai finanziamenti del ministero alle Pari opportunità, è attiva da qualche anno la casa di accoglienza a Marino per le ragazze della “tratta”. Una struttura in grado di ospitare 6 donne e che ha visto passare per le proprie mura moltissime ragazze. “Si tratta di un’opera a 360° che non offre solo accoglienza a queste donne – spiega don Baldassare Pernice, a lungo direttore della Caritas diocesana di Frascati e da un anno parroco a Cocciano – ma offre anche un sostegno sanitario e psicologico. Si tratta di ragazze sottratte alla strada che vengono seguite da un’équipe di operatori professionali”. L’altro progetto attivo in diocesi, sempre targato Caritas, è la “Casa rosa”, realtà finora itinerante destinata all’accoglienza delle ragazze madri e dei loro bambini. La “Casa rosa”, che in questi anni ha operato appoggiandosi a varie strutture, troverà la propria sede definitiva nella residenza sottratta qualche anno fa alle mafie in zona Vivaro (in via dei Principi) ed al momento ancora in attesa di ristrutturazione. “Un altro progetto di grande importanza – aggiunge don Baldassare – sul piano sociale”. Un progetto per il quale si attendono oggi il via libera del Comune di Rocca di Papa ma, soprattutto, i finanziamenti regionali.

Marco Caroni

Servizi sociali, un modo difficile non solo per i bimbi
Guy de Mechois definì il servizio sociale come “l’arte che utilizza la conoscenza e la scienza delle relazioni umane e l’abilità di stabilirne, per mobilitare le capacità proprie ad ogni soggetto, ad ogni gruppo ed all’insieme degli uomini in vista del più grande benessere di tutti”. Il benessere di tutti, un atto che richiede abnegazione, passione e pazienza in quantità industriale. L’assistente sociale è una figura estremamente delicata, una professione con molti doveri, pochi diritti: qualcuno calpestato. Arianna, 25 anni, assistente sociale, a febbraio dovrebbe specializzarsi ma ha molti sassolini da togliersi. “Nel Lazio è molto difficile operare, diverse cooperative sono sull’orlo del fallimento, pagano saltuariamente ma sono anche le uniche che assumono con contratti a progetto . Qualche mese fa – continua Arianna, nata a Civitavecchia – sono stata licenziata nonostante il tanto agognato contratto a tempo indeterminato, trombata – il termine che utilizza – per mancanza di soldi, la cooperativa mi deve ancora degli arretrati”. Arianna si sfoga entrando nei dettagli della sua mansione. “Sei anni di lavoro svaniti così, sei anni in una casa famiglia nella quale, oltre al ruolo di assistente sociale, svolgevo anche il ruolo di educatore”. Più di un lustro, chissà quanto e come il servizio prestato in un casa famiglia abbia influito sul carattere di Arianna. “Certamente i tanti anni hanno formato la mia crescita, sia di vita che professionale. L’assistente sociale – spiega la 25enne – è un consulente, un amico, un maestro, un confessore: è tutto. La sensibilità è imprescindibile”. La passione della vita bistratta dalla precarietà che attanaglia il mondo del lavoro attuale. Arianna, seria in volto, in merito afferma: “nella cooperativa percepivo 800 euro e spesso lavoravo molte ore in più, ovviamente non retribuite. Ma lo facevo per amore della professione. Ora sono commessa ho un guadagno appena maggiore ma mi manca ciò per cui ho studiato”.

Raffaele Caldarelli

In aumento i casi di disagio per gli Under 18
Comuni con oltre 30/40mila residenti, realtà importanti. Ladispoli e Cerveteri sono due cittadine in continua escalation demografica, nonostante alcuni cambiamenti che riguardano i nuclei familiari allargati. Entrambe fanno parte del Distretto della AslRmF2, nel quale operano diversi collaboratori dei servizi sociali, il cui scopo è anche quello di rilevare cambiamenti in seno alle due cittadine. Evidente un primo dato, riguardante un progressivo indebolimento dell’istituto familiare, che spesso “paralizza” i propri componenti di fronte al sopraggiungere di problemi o disagi. I servizi sociali del territorio cerite e ladispolano sottolineano quanto siano aumentate le famiglie che versano in gravi condizioni economiche ed esistenziali. La professione dell’assistente sociale è divenuta sempre più radicata e polifunzionale. Le due comunità laziali sono rappresentate da centinaia di famiglie provenienti dall’estero, l’operatore sociale, dunque, si fa carico di capire il grado di inserimento dei membri delle famiglie e dei relativi ostacoli. Un altro elemento da non sottovalutare è costituito dalle condizioni dei minori; in crescita, infatti, i casi di disagio segnalati dai Tribunali Minorile e Civile. Problemi apparentemente futili ma che invece nascondono delle insidie che potrebbero condizionare il futuro di molti adolescenti. Sembra che siano numerosi i minori lasciati soli, per l’intera giornata, a causa del pendolarismo lavorativo dei genitori ma anche del totale disinteresse di quest’ultimi. Il Servizio Sociale del Ministero della Giustizia dei minori ha archiviato vari casi in cui i giovani protagonisti commettono reati quali atti vandalici o criminalità. A tal proposito con il servizio sociale minorile si è realizzata una proficua collaborazione che intende svilupparsi soprattutto nelle scuole come attività di prevenzione.

Raf