Non c’è bisogno di molte presentazioni. Nato artisticamente a Roma, ma consacrato a Milano con Zelig e con la romanissima Kruska (proprio lei, l’amica di Tatiana): Gabriele Cirilli è senza dubbio uno dei comici italiani più amati. Dopo gli studi di recitazione presso il Laboratorio di Esercitazioni Sceniche diretto da Gigi Proietti, ha fatto teatro, cabaret, doppiaggio, cinema e televisione. Lo abbiamo incontrato prima della diretta di Tale e Quale Show, programma di Rai Uno di cui è la punta di diamante.
Sei l’unico concorrente della scorsa edizione ad essere stato riconfermato…
Alla fine della scorsa edizione io e Carlo Conti ci siamo accorti che stavamo lavorando bene: stavamo facendo ascolti paurosi, avevamo superato anche Zelig. Mi ha riproposto per questo format perché serviva una verve comica, e siccome trovare un comico che oltre a far ridere sappia anche cantare e intrattenere è veramente difficile…
Proprio quello che abbiamo visto in queste sere: un artista completo.
Quando ho iniziato la scuola di recitazione, Gigi Proietti ci teneva a far capire una cosa molto importante: che l’attore deve’essere a 360 gradi. Deve poter spaziare, deve saper fare cabaret, teatro comico e drammatico, cantare, ballare… qui in Italia purtroppo non c’è modo di far capire che se uno è bravo, lo è sempre. In America ad esempio è tutto diverso. Per fare dei nomi: Jim Carrey, Billy Cristal, Ben Stiller, Eddy Murphy, e poi Jack Black – al quale mi ispiro molto – riescono a fare tutto senza nessuna etichetta.
Hai mai pensato ad un tuo One Man Show?
Diciamo che nei miei spettacoli live lo faccio: il problema sta nel portarlo in televisione, visto che in Italia o c’è Fiorello, o c’è Panariello – per carità, beati loro che hanno la fiducia cieca degli sponsor. Questa cosa è uno dei guai del nostro Paese: non si danno possibilità, non si rischia, non si dice mai “perché no, proviamo”. Ed è così anche nel cinema. Per dire, la settimana scorsa al cinema ho visto quattro trailers: in tre di questi c’era Valerio Mastrandrea come protagonista. Mi vuoi far credere che non esistano attori bravi quanto lui? Ecco, questa è l’Italia.
Gli ascolti dicono però che il pubblico ti vuole, eccome.
Il pubblico vede che io mi dò completamente. Sono una persona vera, e credo proprio che questo il pubblico lo noti. La gente per strada mi ferma con calore, con affetto reale.
Certo, siamo rimasti tutti affezionati al personaggio di Kruska…
Kruska per me è tutto. Mi ha dato popolarità, mi ha dato visibilità, e mi ha dato quei ‘soldini’ grazie ai quali sono stato in grado di fare delle scelte: non ho dovuto accettare tutto per forza. In questo modo puoi cominciare a fare la tua carriera scegliendola, e non subendola.
Sei cambiato molto?
No, in realtà non sono cambiato. Quando facevo teatro vedevo che erano i tormentoni a rendere visibili i personaggi televisivi: allora ci ho provato allo stesso modo, per rimanere impresso anche io al pubblico e alle persone. Non rinnego niente di tutto quello che ho fatto, anzi, per me è motivo di orgoglio. Solo che in questo periodo, semplicemente, non mi va più di fare personaggi televisivi: preferisco fare uno stand up, un monologo, fare un po’ più l’attore: ciò da cui sono partito quando ho fatto la scuola di Gigi Proietti.
E non vuoi più “tornà bambino”?
Certo! La vera fortuna di quel tormentone è che è stato il primo personaggio dopo ‘Ninetto’, ‘Kruska’ e l’Abruzzese’, che mi ha permesso di essere me stesso. E’ nato quando è nato mio figlio. Quando ti nasce un bambino devi iniziare a prenderti delle responsabilità: dopo un po’ di responsabilità ‘accumulata’, ti viene proprio da dire “oddio, vojo tornà bambino!”.
Del resto Ursula K. Le Guin ha detto: “Un adulto creativo è un bambino sopravvissuto”…
Nella mia anima da adulto ci deve sempre essere un bambino. Quando mi chiedono perché sono sempre allegro, io rispondo che non faccio uno sforzo: se Dio m’ha dato il sorriso, perché non sorridere?
Per questo hai deciso di fare il comico?
Io non ho deciso di fare il comico, ho deciso di fare l’attore. Faccio il comico perché mi viene meglio, ma ho dato prova di essere bravo anche a livello drammatico, ad esempio, quando ho interpretato San Leone (nella fiction “San Francesco” su Rai Uno, ndr). Poi l’emozione si può far avere attraverso una risata, attraverso un pianto, anche attraverso una canzone: ecco, l’importante è dare un’emozione, e a me riesce meglio facendo ridere.
Pensi sia utile la comicità in Italia, in questo periodo così nero?
Ogni lavoro è una missione. Ad esempio un giornalista fornisce informazioni che il lettore non conosce, quindi è utile. Io credo di essere utile regalando un sorriso: del resto esiste la comico-terapia, e ti posso garantire che ridere fa bene. Quindi, mi sento utile alla società, e soprattutto in questo periodo, in cui una risata, magari, ti può distogliere da un problema.
Ti abbiamo pizzicato durante le prove di Tale e Quale Show, ma sappiamo che non ti fermi un attimo. Cosa bolle nella pentola di Gabriele?
Non potrei dirlo, ma…ho un progetto un po’ambizioso, e difficilissimo. Vorrei ricreare una coppia artistica, e sto cercando un’attrice brava, che stia bene vicino a me. Vorrei portarla a Zelig, ma non solo: ho girato una puntata pilota di una sitcom che si sviluppa in cucina, “Giorgio e Matilde cuochi” – la puntata pilota l’ho fatta con Anna Falchi, ma non credo che con lei possa nascere questa coppia. Poi c’è “Pit Stop”, che vorrei portare su Rai2 in seconda serata, dove io e mia moglie gestiamo un locale in cui c’è di tutto, che io vorrei diventasse un luogo di spettacolo, e invece lei pensa solo a fare soldi. E poi in teatro. Insomma, questa coppia la vorrei portare in giro: televisione, teatro, cinema.. proprio come le tante coppie artistiche “di una volta” che hanno segnato il mondo dello spettacolo. Ma ancora non riesco a trovare la persona giusta.
Carol Verde