Nato a Coriano nel 1987, Marco Simoncelli, detto il Sic da parenti, amici, meccanici e fan, era famoso per la sua chioma riccia, voluminosa e per quel nasone a punta. Era uno di quelli che anche se non lo sentivi parlare bastava guardarlo per capire che era un bravo ragazzo, uno apposto, capace di tirare fuori la grinta e il carattere soltanto in pista dove dall’alto dei suoi centimetri piegava a destra e a sinistra quella moto senza pudore alcuno tentando sorpassi che soltanto un genio sarebbe stato in grado di azzardare. Proprio questa era la sua caratteristica, interpretare il mondo delle corse da vero combattente, da gladiatore: se c’era da lottare lui si gettava nella mischia a capofitto senza fare figli e figliastri. Questa sua caratteristica gli è costata nel corso della carriera una valanga di critiche, di ammonizioni e di multe da parte della federazione; indimenticabile quando Lorenzo gli rimproverò di azzardare sorpassi improponibili e lui con il suo accento orgogliosamente romagnolo gli rispose “la prossima volta che lo farò sarò arrestato”. Questo era il Sic, uno che viveva la vita a pieno, che dava il duecento per cento in tutto quello faceva; era uno che nonostante le vittorie, la notorietà e i lauti contratti ha continuato a vivere la sua vita di sempre a Coriano in provincia di Rimini, insieme a mamma Rossella, papà Paolo e la sorellina Martina nella casa di sempre in cui era cresciuto sin da bambino, nella stessa cameretta in cui aveva trascorso le prime notti della sua vita, restando al fianco della fidanzatina storica Kate, una ragazza di cui si era innamorato da giovane, quando non era nessuno e che continuava ad amare anche quando era diventato una star, un fenomeno mediatico, quando vicino alla moto marchiata col 58 si ammassavano fotografi e giornalisti di tutti i continenti, fino a quell’ultima maledetta corsa in Malesia a Sepang in cui prima della partenza la piccola Kate gli ha dato il solito bacio sul casco, quel bacio che precedeva ogni inizio di gara. Marco ancor prima di essere un motociclista talentuosissimo e un esempio di professionismo assoluto è stato un uomo vero, nonostante i ventiquattro anni. E’ morto per essere sé stesso, per vivere la vita senza rete né freni, in modo passionale, di tutto cuore. E’ morto perché è voluto rimanere in sella alla sua moto laddove ogni motociclista, anche il più bravo l’avrebbe lasciata andar via. Il racconto della sua morte sembra essere il riassunto della sua vita e del suo spirito: era uno pieno di vita, felice di vivere che resisteva a tutto anche quando non c’era nulla da poter salvare, era uno che rimaneva aggrappato alla vita sempre. Era un combattente, uno tosto, uno che non si arrendeva proprio mai. Per comprendere a pieno la figura di Marco Simoncelli basta pensare alla sua carriera. Il Sic non è stato uno di quelli dall’ascesa dirompente e irrefrenabile, si vedano i vari Lorenzo, Pedrosa o il pupillo del momento Marc Marquez, Marco è stato uno che i successi, la notorietà e il denaro se li è dovuti guadagnare in pista. Arrivato giovanissimo, a quindici anni, nel roaster del motomondiale si è dovuto conquistare weekend dopo weekend lo spazio all’interno del mondo del motociclismo che conta e non ha avuto vita facile. I primi anni ha dovuto lottare con problemi di velocità e di stabilità dovuti al suo fisico enorme per le piccole moto 125cc e 250cc che lo hanno portato spesso a cadere, ma dove chiunque altro si sarebbe fermato a riflettere iniziando a correre con il classico “braccino” da ragioniere, lui ha continuato sempre ad andare a tutto gas. Il premio alla sua costanza, la sorte glielo ha consegnato nel 2008 quando Simoncelli vinse il motomondiale classe 250 correndo per metà campionato con una moto palesemente inferiore rispetto ai mezzi dei suoi acerrimi rivali spagnoli, gli agguerriti Barbera e Bautista. Tuttavia si sa la vita è troppo strana per essere compresa e così tutto ciò che gli aveva concesso nel giro di tre anni glielo ha negato nel giro di pochi minuti dopo la partenza del Gp di Malesia 2011 e lo ha fatto con gli interessi, troppi. Noi tutti amanti del motociclismo non amiamo ricordare quel drammatico incidente e le sue terribili dinamiche. Quel capoccione dai riccioli d’oro che ci aveva fatto crepare dalle risate per la sua spiritosaggine e la sua spensieratezza, steso sull’asfalto inanime, senza casco: no troppo triste, per uno come il Sic uno che voleva sempre che ci fosse un gran casino, uno che quando arrivava si faceva sempre notare… Ciao Sic sarai sempre nei nostri cuori.
Luca Priori